INTERVISTA A CATERINA CAPUTO

Tra architettura, comunicazione e impresa creativa

Una voce che lascia il segno, di Tommaso S.
In attesa della messa in onda completa della trasmissione radiofonica, vi proponiamo un’anteprima esclusiva dell’intervista a Caterina Caputo: architetta, imprenditrice creativa e mente strategica dietro ProspetikaMente.
Membro del consiglio di amministrazione di OkCasa e professionista con oltre dieci anni di esperienza, Caterina racconta con sincerità il suo percorso, tra scelte coraggiose, sfide superate e visioni future. Un racconto intenso, a tratti intimo, che svela cosa significa davvero costruire qualcosa — dentro e fuori i cantieri.


Ci sono storie che iniziano tra giochi di fantasia e sogni a occhi aperti. Altre, invece, prendono forma tra i rumori di un cantiere e l’odore di cemento fresco. Quella di Caterina Caputo appartiene a questa seconda categoria. Architetta, Sales Manager di OkCasa, cofondatrice di ArchCAP e ideatrice del progetto ProspetikaMente, ha costruito il suo percorso tra rigore tecnico e creatività comunicativa, tracciando una traiettoria tutta sua, coraggiosa e non priva di ostacoli.


Hai lasciato il Salento per Parma a soli 18 anni. A un certo punto, però, hai scelto di non tornare più indietro. Quando hai capito che Parma sarebbe diventata casa?

Avevo 25 anni quando ho sentito, con chiarezza, che Parma sarebbe diventata il mio luogo di costruzione personale e professionale. Non è stata una scelta semplice. Lo studio di famiglia mi avrebbe accolto con affetto e opportunità concrete, ma io avevo bisogno di qualcosa di mio, di sbagliare con la mia testa, di sentirmi responsabile delle mie idee. Parma mi ha messa alla prova, mi ha tolto certezze e mi ha anche dato strumenti. Oggi, però, non mi sento davvero né di qui né di là: a Lecce sono quella che “vive fuori”, a Parma ogni tanto sono ancora “quella di giù”. Vivo in un limbo identitario, ma in fondo mi va bene così. Ho imparato a fare casa dentro le cose che costruisco, più che in un indirizzo preciso.

All’inizio a Parma eri vista come “quella di giù”. Quanto è stato difficile affermarsi in un contesto che non ti apparteneva?

All’inizio è stato faticoso. In certi ambienti, essere “di via” è quasi una condanna a dover dimostrare il doppio. A volte l’accento era sufficiente per non essere presa sul serio. Così ho deciso di impormi una regola: taiuer e tacchi alti ogni giorno. Era il mio modo per mostrarmi professionale, determinata, preparata. Un’uniforme di forza. Perché, diciamocelo, a volte l’abito fa il monaco. E io dovevo conquistarmi uno spazio, non chiederlo.

Il tuo percorso sembra fluido, ma sappiamo che dietro ogni traguardo ci sono anche cadute. Hai mai pensato di mollare tutto?

Molte volte. Ho pensato di tornare a casa, a quella sicurezza, a un contesto conosciuto. Ma l’avrei vissuta come una resa. Ci sono stati momenti in cui la fatica era tanta, la solitudine pesava, e i “no” facevano più rumore dei risultati. Ma dentro di me ho sempre avuto una convinzione: che quel dolore stesse costruendo qualcosa. Non mi sono mai sentita arrivata, ma ho sempre scelto di restare. Anche quando era scomodo.

Sei Sales Manager, imprenditrice, architetta e creativa. Come riesci a tenere insieme tutto senza perderti?

Con disciplina. Mi sveglio ogni giorno alle sei: è il mio momento sacro. Il tempo in cui posso lavorare a mente fresca su ProspetikaMente, concentrarmi, creare. In quel frangente d’orario tra le 6 e le 8, il telefono non squilla e posso concentrarmi. E poi con onestà: so che non posso fare tutto, ma posso scegliere cosa fare bene. Il mio faro è sempre stato il perché. Quando tutto si complica, torno a quello: al mio senso. Ed è lì che ritrovo la rotta.

Hai dovuto fare rinunce importanti per inseguire i tuoi obiettivi. Hai mai avuto dei rimpianti?

Sì e non ho paura a dirlo. Ci sono relazioni che si sono spezzate. Alcune non hanno retto la mia ambizione, la mia costanza, l’incapacità di fermarmi. In certi momenti mi è dispiaciuto essere riuscita a costruire solo una carriera. Non che sia poco, ma avrei voluto condividere di più. Sentirmi meno sola nel processo. La verità è che non si può avere tutto. E accettarlo è stato il passaggio più duro.

Ripensando al tuo percorso, c’è un’occasione che ti è rimasta nel cuore come un rimpianto?

Sì. Dopo la laurea magistrale mi venne offerto un posto in uno studio importante a Parigi, come urbanista. Un’opportunità bellissima, per cui mi aveva segnalato uno dei miei docenti. Ma in quel momento la mia famiglia stava vivendo una difficoltà importante e accettare quello stipendio così basso avrebbe tolto risorse a ciò che davvero contava. Non ne ho mai parlato, nemmeno con i miei genitori. Avrebbero fatto carte false per permettermelo. Ma ho scelto diversamente. E anche se a volte mi chiedo come sarebbe andata, oggi so che ogni deviazione ha avuto senso.

Nel 2016 arrivi in OkCasa e rivoluzioni l’approccio commerciale. Che cosa ti ha spinto a creare un modello nuovo?

La frustrazione. Nei miei lavori precedenti vedevo clienti trattati come numeri, come obiettivi da raggiungere. Ma comprare casa è una delle scelte più complesse e intime che si possano fare. A volte è un mutuo di trent’anni. Non potevo più accettare quel distacco. Così abbiamo integrato tutto: compravendita, ristrutturazione, progetto. Una proposta su misura, trasparente, empatica. In fondo, ho solo fatto quello che avrei voluto ricevere.

Con ProspetikaMente hai compiuto un altro passo importante. Non si tratta solo di progettare, ma di raccontare. Da cosa nasce questa necessità?

Dalla constatazione che oggi non basta essere bravi: bisogna anche saperlo comunicare. Ho conosciuto professionisti incredibili, ma invisibili. Ho pensato: se uniamo parole, immagini e strategia possiamo restituire valore. ProspetikaMente fa questo. E lo fa in modo verticale, specializzato nel settore immobiliare, architettonico e costruttivo. Poche realtà lo fanno con questa cura e questa competenza. È un lavoro di precisione, ma anche di identità. E oggi più che mai, serve.

Guardando avanti, dove vuoi portare ProspetikaMente?

Vorrei creare un’accademia di formazione. Un luogo in cui professionisti del settore possano apprendere come comunicare, come posizionarsi, come raccontarsi. Unire l’esperienza tecnica al marketing, la narrazione alla concretezza. Non è solo un sogno, è il prossimo passo. Perché condividere ci rende più forti e formare gli altri è anche un modo per continuare a imparare.

Se potessi dare un consiglio a chi inizia oggi, quale sarebbe?

Non inseguite solo il talento, ma la disciplina. E non abbiate paura di stare scomodi. Crescere richiede dolore, richiede scelte difficili. Ma se riuscite a restare fedeli a ciò che siete, anche nei momenti più fragili, costruirete qualcosa che vale. E soprattutto: ricordatevi che il lavoro non è tutto, ma può diventare un modo per onorare chi siete davvero.

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